|
Attraverso
la rappresentazione di un universo permeato dalle aspirazioni più
profonde dell'uomo, Murer ferma l'immagine di un attimo assoluto, e,
consegnandolo all'eternità, riesce a spezzare le catene del tempo.
La ricerca di un luogo ideale viene espressa con tono ieratico nel ciclo
pittorico "La necessità del sogno", un sogno che plasmi
il reale e che trova spazio e forma nella silloge "Metamorfosi",
simbolo del mutamento e della trasformazione che confluiscono nella
scelta della fuga per esistere - scelta abbracciata anche da Van Gogh,
Gaugin e Rimbaud.
In Murer
si percepisce il fluido transito dal reale all'immaginario, dal finito
all'infinito e viceversa,rappresentato dall'arcobaleno che simboleggia
appunto il passaggio tra due mondi, da quello terreno a quello divino.
La fuga dal presente per raccontare una storia che è già
accaduta nel passato, fissata dal mito, per vivere un altro tempo all'interno
del proprio tempo, della propria realtà. E' la stessa trasposizione
mimetica del passato in un presente che poneva lo spettatore greco di
fronte a una realtà alternativa - una novità, in campo
letterario, che fu introdotta dalla tragedia.
E' nel ciclo
de "Il mio paesaggio" che Franco Murer cerca di arrivare primo
davanti a sé stesso e oltre sé stesso, vincendo la sfida
contro la sua condizione umana e il limite che la rappresenta - la morte
- tema che segna profondamente e irrimediabilmente l'artista attraverso
l'esperienza della scomparsa del padre, il grande scultore Augusto Murer,
più di quindici anni fa e di cui leggiamo ne "Il difficile
dialogo con il perdono della morte", introduzione voluta da Franco
nel catalogo, parole di un lirismo che esprime chiaramente il dolore
dell'accettare la morte e quindi i limiti dell'esistenza umana.
***
La disperata ricerca di una dimensione emozionale ed emozionabile nella
memoria del passato, da potere trasporre nella realtà del presente,
è un pensiero forte armonizzato da un lirismo che scorre con
risoluto garbo sulle tele di Murer, olii, chine e tecniche miste intrise
del calore e della vibrazione equilibrata della sua mano penetrante.
Le composizioni sono prive di un'asse di simmetria e si sviluppano su
diverse traiettorie, facendo ricadere nella loro forma aperta quella
visione a poli usata dalla decorazione barocca (Trionfo della Divina
provvidenza, affrescato da Pietro da Cortona nel Palazzo Barberini).
L'opera si configura dunque come un insieme di episodi figurativi distinti
che l'osservatore deve leggere singolarmente, ma in un contesto di fluidità
degli elementi, partendo dal particolare per arrivare al generale, e
guadagnare in ultimo una visione di insieme.
La rappresentazione dello spazio è sempre data dall'illusione
della realtà, dalla comunicazione, dal simbolismo e dalla temporalizzazione,
finalità che nella storia dell'arte sono state rese dalle prospettive:
a lisca di pesce, a fuoco centrale, a uno o due fuochi laterali, aerea
e dal quadratismo.
In Murer
non è riscontrabile alcuna delle prospettive dell'esistente panorama
artistico, perché egli non sceglie degli assi nei quali fare
confluire le linee di fuga e ancora meno stabilisce un punto di origine
dell'osservazione. Sembra quasi che l'artista non voglia contemplare
la rappresentazione dello spazio, in quanto egli rende le immagini avulse
dalla realtà fatta di tempo e di spazio, richiamandosi in tal
modo alle raffigurazioni delle civiltà antiche (egiziana, micenea,
minoica, sumenica). Contemplando le opere di Murer, se proprio di spazio
si vuole parlare, definirei i modi della sua rappresentazione in quell'innovazione
artistica che io definisco prospettiva a "fuochi multipli".
Avviene dunque una trasformazione della prospettiva la cui mutazione
non dipende da un'esigenza simbolica degli uomini a seconda delle diverse
epoche - come sostenne Panofsky sulle orme della dottrina delle forme
simboliche elaborata da Ernst Cassirer - o dalle dottrine sociologiche
di Francastel, ma è giustificata da esigenze di carattere tecnico-storico
(Lunenberg, Laporte, Michelis).
In contrapposizione
alla categoria di colore zonale, che addensa il colore alle forme per
darne risalto, le forme di Franco Murer non hanno colore dominante,
perché la loro importanza è sottolineata dal colore che
le circonda. Il nero simbolo del principio di tutto e della fine di
tutto; il blu immenso usato nell'antica Grecia e a Roma per rappresentare
la massima divinità
dell'Olimpo; il bianco che evoca manifestazione del divino; gli energici
giallo e arancione ai quali attribuito un alto valore simbolico nella
Grecia antica e il valore apotropaico del rosso, chiave della conoscenza
che permette la trasformazione (nel Medioevo).
Lo schema
a doppia fonte di luce utilizzato dall'artista crea continuità
tra figure e ambiente in quanto la luce che arriva dal fondo e frontalmente
immerge le forme nell'atmosfera. Questa funzione fu introdotta dai pittori
fiamminghi che inconsapevolmente ripresero il concetto del filosofo
Plotino (204-279 d.C.) secondo cui questa continuità simboleggiava
l'armonia della natura come espressione del divino.
Visione,
stile e stesura unici distinguono la forza espressiva della pittura
di Murer, confermando la tesi dell'arte come espressione sostenuta da
Plotino, il quale affermava: "nell'arte la forma, prima di passare
nella materia, esiste già nel nous (pensiero) dell'artista; l'arte
è un'operazione spirituale, soggettiva, sia per l'artista che
dà forma a ciò che ha dentro di sé, sia per l'osservatore,
il quale riconosce nell'opera il riflesso della propria interiorità".
Viene infine da domandarsi se non sia giusto e necessario includere
lo sviluppo innovativo di Franco Murer tra i percorsi creativi dell'arte
del fine XX° e inizio XX° secolo. E proprio attraverso il suo
collocamento storico e temporale, ancora una volta Murer assurge a simbolo
del passaggio tra due tempi, due realtà, due secoli.
***
Come successione spontanea dell'indagine preiconografica - forma, spazio,
colore, luce - emergono con fierezza i simboli dominanti dell'analisi
iconografica e iconologica, dei quali parlerò in maniera non
esaustiva data la lunga e profonda valutazione che essi richiederebbero.
Nei dipinti
di Murer l'elemento più rappresentato e carico di valore simbolico
è l'uovo, raffigurato sotto molteplici forme: come uovo cosmico,
come utero e matrice (della creazione), come cornice e guanciale, delineato
da un tratto nero deciso o dall'arcobaleno, e come simbolo della perfezione
divina.
L'archetipo dell'ovale è simbolo della vita in formazione, della
fertilità e della perfezione, e attraverso di esso arte, filosofia
e religione si sono avvicinate all'arcano ineffabile della vita. L'iconografia
occidentale e orientale è permeata di emblemi 'ovoidali', dal
mandala tibetano allo Yin e Yang cinese, dalla mandorla dell'ascetismo
cristiano, espressione della natura divina di Cristo e simbolo di resurrezione,
fino all'uovo appeso in alto, ben visibile, nelle chiese medievali come
rappresentazione di veicolo dell'illuminazione interiore.
Spesso raffigurato è anche l'angelo o il cigno, simbolo di uno
stato dell'esistenza superiore a quello umano, di potenza e penetrazione
intellettuale.
Il cielo rappresenta la coscienza e una dimensione superiore a quella
sensuale e terrena. Nella mitologia era popolato dalle divinità,
che comunicavano con la terra attraverso segni premonitori come la meteorologia,
che Murer riproduce in forma di nuvole e pioggia.
La montagna (e l'albero) riproducono il centro del mondo e il veicolo
dell'ascensione al cielo o del ritorno al principio, il ventre della
Grande Madre, simbolizzato dalle porte del Regno dei morti, collocate
alle pendici del monte. Doloroso è il paradosso delle amate montagne,
che oltre al ricordo dell'infanzia e dell'adolescenza trascorse sotto
la guida paterna, sono per Franco Murer al tempo stesso memoria della
morte del padre e 'misticamente' simbolo della stessa.
***
Il grande dono di Murer alla condizione umana è la speranza,
non cieca, di una realtà che possa conciliarsi con il divino
attraverso l'uso della techne, ossia il progresso che non produce catene
e quindi schiavitù come nel mito del titano Prometeo, ma una
condizione che trascenda la libertà per offrirci l'egida della
divinità, concedendo forse all'uomo una più leggera e
serena accettazione della propria condizione e quindi della morte. Il
messaggio è ben dipinto da Murer soprattutto nella scelta dello
specchio come prodotto della tecnica. Questo oggetto è difatti
il mezzo attraverso il quale l'uomo può contemplare la dimensione
del divino, perché la visione diretta della divinità non
è concessa ai mortali, pena l'accecamento o la morte, come ci
insegna la vicenda di Giove e Semele.
L'afflato
poetico che contraddistingue Franco Murer è la commovente ricerca,
attraverso la pittura, di recuperare i valori perduti di un mondo che
non c'è più, se non nell'anima di chi lo vuole vedere,
come Franco, che non teme di abbracciare la poesia che dialoga con l'enigma
della verità individuale e il sogno che ci rende il ricordo dell'emozione
per poi offrirne l'intima essenza a tutti noi, attraverso le sue opere
permeate di quella bellezza ideologica che inebria l'osservatore perché
proterva e senza limiti, libera di trascendere a sé stessa e
all'uomo, lasciando allo spettatore il compito e il sogno di compiere
dentro di sé la trasformazione, il mutamento.
La realtà è una dimensione limitata, uno spazio di tempo
tra la nascita e la morte che possiamo scegliere di vivere. Il sogno
è invece immortale e veritiero, perché solo esso regala
emozioni veramente reali, perché le sensazioni che si provano
in questa dimensione sono pure e scaturiscono unicamente dai propri
desideri incontaminati che nascono dalla nostra purezza e non da una
necessità, dal condizionamento delle circostanze esterne.
I sentimenti che nascono da desideri del modo reale sono purtroppo destinati
a perdere di intensità e a cessare di essere per mano di noi
stessi o di altro, soprattutto perché la natura stessa della
realtà è variabile e tende a consumarsi nel tempo. La
dimensione del sogno è al contrario spazio eterno nella mortalità
della vita. La veridicità delle sensazioni provate nel sogno
è unica, irripetibile ed irrinunciabile; la realtà tenderebbe
invece a collocare questo 'sentire' in una sorta di modulo matematico
per misurarlo, analizzarlo, violarlo, meccanizzarlo e anelarlo, inquinandone
infine la purezza dalla quale scaturisce.
Ma questo comprendere, sentire e divenire, è in ognuno di noi,
basta avere il coraggio di riconoscerlo. E' solo in noi e nessuna entità
potrà mai sradicarlo oppure modificarlo d'intensità perché
è dal nostro immaginario che esso prende forma ed è nella
realtà impermanente che trova la sua eternità.
"Vengo
da lontano
e verso il sole volerò,
attraverso tramonti infuocati,
nello spazio lontano,
fin dove finisce il cielo,
perché lì cominci tu,
nell'infinito
che dentro me
si fa' poesia"
A cura di Jessica R.G. Alessandrini
|
|